Ragazzo, uomo e nemo di Damiano Dario Ghiglino è un romanzo che si “ascolta” con avidità. Si “ascolta” in quanto è scritto come fosse una conversazione: il racconto non si snoda in ordine cronologico, ma, proprio come avviene in una conversazione informale, salta da un passato all’altro, per fermarsi brevemente sul presente e fare una capatina veloce nel futuro. Passati, quelli descritti nel romanzo, con i quali il protagonista Eric fa costantemente i conti, anche se pensa di esserseli lasciati alle spalle fuggendo dal paesello natio e di riuscire a lasciarseli alle spalle ogni qual volta parte (o fugge?) da un luogo in cui ha vissuto per qualche tempo al fianco di un ragazzo bello e “problematico”, per ritrovarsi in altri luoghi in cui vivrà per un’altra manciata di mesi/anni, ma sempre con la medesima precarietà esistenziale e ugualmente al fianco di ragazzi “al limite”. Precarietà dovuta, forse, al tentativo, mai concluso, di esorcizzare il passato, scrivendone. Ma proprio l’atto