Da Platone ai giorni nostri: Storia dell'omofobia
L'Autore racconta, con un linguaggio alla portata di ogni lettore, la storia dell'omofobia che, inevitabilmente, si intreccia con la storia degli omosessuali, in quanto soggetti perseguitati in ogni tempo e in ogni luogo.
Se è vero, infatti, che nell'antica Grecia i rapporti pederastici (ossia tra un adulto e un adolescente) erano propedeutici alla formazione del cittadino, è altrettanto vero che vi fu un filosofo del calibro di Platone che, nel suo
Le Leggi
, definì per la prima volta "contro natura" gli atti sodomitici, in quanto non procreativi.
Il platonismo dei primi cristiani, specie quelli influenzati da Paolo di Tarso, si sposò assai bene con il credo che il predicatore andava costruendo e diffondendo e, unito anche all’omofobia già presente nel
Vecchio Testamento
(a cominciare dall’episodio della distruzione di Sodoma...), diede vita a una religione profondamente omofoba.
Non è un caso, forse, se fu il cristiano imperatore Giustiniano a introdurre per la prima volta in una legge il concetto di “atto contro natura” e, in quanto offesa contro Dio, a punirlo con la condanna capitale...
Si dovette aspettare la Rivoluzione Francese (più precisamente il 1791) perché fosse abolita la pena di morte per il reato di sodomia...
L’Ottocento dei medici e degli scienziati trasformò il sodomita in omosessuale, facendo così del soggetto un malato, anziché un peccatore. Se questo aiutò a sottrarre gli omosessuali ai roghi, li spinse, però, nelle mani di chi li considerava dei degenarati, dei folli e dei criminali da curare. La vita era salva, ma le sofferenze continuavano...
Verso la fine dell’Ottocento si levarono le prime voci a favore degli omosessuali. Celebri furono quelle di aria tedesca che, però, furono spente quando il Nazismo di Hitler prese il potere in Germania.
Anche l’Italia Fascista perseguitò gli omosessuali con pestaggi e l’invio al confino, anche se, formalmente, nei propri codici l’omosessualità non figurava come un reato.
Non che l’omofobia di Stato fosse un abominio della sola vecchia Europa: Pedote ricorda come Stalin in Russia, Ernesto Che Guevara a Cuba e Mao in Cina abbiano fatto uso di leggi palesemente discriminatorie e omofobe per colpire non solo gli omosessuali, ma anche quei dissidenti che venivano eliminati accusandoli proprio di omosessualità. E non si dimentichi che, in vaste aree dell’Africa e in molti paesi islamici, l’omofobia è ancora saldamente al potere.
Pedote, inoltre, non traccia solo la storia dell’omofobia così come emerge dalle leggi e dai processi (che condannavano sodomiti e omosessuali a torture e morti orrende), ma la ricerca anche nei testi letterari e nei film, oltre che nelle biografie di personaggi celebri. Ciò facendo, riesce anche a tracciare una storia dell’omofobia interiorizzata, ovvero di quel tipo di omofobia di cui soffrono quegli omosessuali che hanno scarsa stima di sé; non si accettano e vivono tormetati dai sensi di colpa, non riuscendo neppure a dichiararsi come omosessuali con le persone che stanno loro vicine (cioè, come si dice oggi, a fare
coming out
).
Infine Pedote ricorda anche coloro che si sono battuti contro l’omofobia e hanno dato vita al movimento di liberazione sessuale e alla moderna figura del
militante gay
(nata dopo la rivolta di Stonewall Inn nel giugno del 1969, a un secolo esatto dall’invenzione della parola “omosessuale”).
Purtroppo, come già in qualche modo ricordato, l’omofobia non è “storia”, ma presente e attualità e, come dice
Gian Antonio Stella nella sua
Prefazione
al volume, la
Storia dell’omofobia scritta da Pedote è «indispensabile», «Perché aiuta a collocare le cose nel loro giusto contesto».
Chi nega il martirio cui gli omosessuali sono stati sottoposti, aggiunge al termine della trattazione Pedote stesso, «nega la storia ed
è
fuori dalla storia».
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