Chi ha ucciso Pier Paolo Pasolini e perché?
Chi ha ucciso Pier Paolo Pasolini e perché?
Coloro che si accontentano di una verità traballante affermano con convinzione che il poeta fu massacrato da Pino Pelosi. Il giovane, nel tentativo di evitare di soggiacere ai desideri di Pasolini, si sarebbe ribellato con violenza e, dopo aver colpito il poeta con dei bastoni e con un violento calcio ai testicoli, lo avrebbe inavvertitamente investito (e ucciso) scappando con l’auto dello scrittore.
Una versione che non convince quanti fanno presente che Pelosi era un marchettaro che batteva alla Stazione Termini di Roma e che, quindi, probabilmente, era abituato a sentirsi chiedere dai clienti di essere l’attore passivo durante un rapporto anale.
Una versione che non convince quanti fanno presente che Pasolini era un uomo di mezza età in perfetta forma fisica e che difficilmente il diciassettenne Pelosi (detto dalla stampa Pino la rana, ma dagli amici Pelosino, per l’aspetto imberbe) avrebbe potuto avere la meglio in un combattimento corpo a corpo, se davvero si fossero battuti tra loro e ad armi pari.
Una versione che non convince molti, quindi, quella di Pelosi.
A non essere convinta da tale versione è Simona Zecchi, autrice dell’inchiesta Pasolini, massacro di un poeta edita da Ponte alle Grazie.
Un libro davvero ben fatto - e da cui sarà, d’ora in avanti, difficile prescindere - in cui l’autrice pubblica documenti e fotografie spesso inedite e in cui fa le pulci, anche scavando nelle carte processuali e nei fascicoli dell’inchiesta, a quanti si sono occupati, forse con sospetta frettolosità, dell’omicidio Pasolini.
La Zecchi fa emergere come a tutti i costi si volle dare credibilità alla versione raccontata da Pelosi, nonostante, tra le altre cose, questi non presentasse segni di percosse sul corpo e la magliettina che indossava (a differenza dei pantaloni) fosse quasi del tutto priva di macchie di sangue.
Un fatto davvero strano se si considera che Pasolini certamente si difese, tanto che sotto le sue unghie furono trovate tracce di tessuto appartenente a uno degli aggressori.
Sì perché Pasolini fu massacrato da più persone, picchiatori ben addestrati e non da un marchettaro in preda a furori da educanda (e la Zecchi fa presente che sugli indumenti intimi di Pelosi sono presenti tracce biologiche di altri uomini, ma non quelle di Pasolini e non v’è traccia di tracce biologiche di Pelosi nella bocca di Pasolini che, secondo la versione di Pelosi, avrebbe praticato al giovane una fellatio).
Pasolini fu massacrato, come spiega assai bene la Zecchi, per motivi politici da persone (di cui la giornalista fa spesso nomi e cognomi) legate ad ambienti dell’estrema destra eversiva. Ambienti eterodiretti dai servizi segreti deviati e, forse, perfino dal Viminale.
Quello di Pasolini fu, quindi, un omicidio su commissione per evitare che il poeta, fattosi giornalista investigativo durante la stesura preparatoria di Petrolio, potesse rivelare ai suoi lettori verità che si volevano tenere ben nascoste.
Un libro, quello della Zecchi, di cui si consiglia l’attenta lettura non solo perché fa luce su un massacro di inaudita ferocia, ma anche perché mostra come la “macchina del fango” in Italia sia attiva da almeno quaranta anni e non sia un’invenzione degli ultimi anni.
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