Pasolini | Cronaca di una morte



Nella collana “Grandi delitti nella Storia” del Corriere della Sera è uscito il volume Pier Paolo Pasolini. Assassinio di un intellettuale scomodo di Giovanni Landi.

Si tratta di un saggio agile e ben scritto nel quale si ricostruiscono le tappe dell’omicidio di Pasolini, accennando al contesto politico e sociale in cui avvenne (gli Anni di Piombo); descrivendo (attingendo alle carte processuali) come si svolse; ricordando chi era Pasolini e la sua attività di scrittore, regista e polemista e, infine, parlando dei colpevoli.


Sì, colpevoli al plurale sin dal titolo del capitolo (I colpevoli, appunto).

Nel saggio, quindi, si abbraccia l’ipotesi investigativa (invero quella più probabile) che a uccidere Pasolini non fu il solo Pino Pelosi.

A massacrare “l’intellettuale scomodo” fu, quasi certamente, un commando al soldo di uno o più poteri: in questi 45 anni che ci dividono dalla notte tra il 1° e il 2 novembre 1975 in cui si svolsero i fatti, si è parlato dei servizi segreti deviati; della P2; della mafia e di altre organizzazioni.

Questo perché, inutile negarlo, Pasolini dava fastidio a molti. A troppi.


Pare, poi, che lo scrittore fosse in qualche modo consapevole di essere in serio pericolo di vita; ed è certo che riceveva telefonate e lettere minatorie.

Chi ebbe modo di frequentarlo negli ultimi suoi giorni di vita, parla di un Pasolini quasi impaurito o assente; chiuso in se stesso.

Forse gli erano arrivati segnali di pericolo che aveva correttamente interpretato.


Ad ogni modo, è fortemente da dubitare il fatto che quella terribile notte Pasolini e Pelosi fossero soli all’Idroscalo di Ostia.

Troppi indizi parlano di un massacro organizzato nei minimi particolari (tanto da utilizzare anche un’auto “gemella” di quella della vittima) ed eseguito da più persone.

Un massacro voluto sia per eliminare fisicamente “l’intellettuale scomodo” (che, forse, con Petrolio, stava per rivelare segreti che avrebbero portato alla rovina molte persone); sia per gettare discredito sulla sua memoria (parlando di un delitto commesso dal minorenne Pelosi per difendere la propria virilità).


Il tentativo, però, di condannare Pasolini alla damnatio memoriae è fallito: la voce dell’intellettuale scomodo risuona ancora oggi.


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