Delitto Pasolini


Nonostante sia stato pubblicato nel 2016, Accadde all’Idroscalo di Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani resta uno dei saggi più convincenti sul brutale omicidio di Pier Paolo Pasolini.

I due autori conducono la loro inchiesta scavando negli archivi e sentendo i testimoni del tempo, senza mai dare l’impressione di rincorrere improbabili scoop, ma mettendo, comunque, sempre in dubbio le “verità” accertate durante le indagini, a partire da quella che vorrebbe Pino Pelosi unico responsabile dell’omicidio.

Indagini che i due autori considerano viziate dal pregiudizio omofobico che ha fatto sì che gli investigatori vedessero in Pasolini solo un “frocio” e in Pelosi un ragazzo che ha “solo” difeso la sua mascolinità.

Una mascolinità che ai tempi si riteneva “integra” se in un rapporto omosessuale si svolgeva il ruolo attivo, lasciando al “mezzo maschio” quello passivo.

Ma Pasolini, a detta di Pelosi, avrebbe tentato, con la forza, di capovolgere i ruoli e, nel tentativo di difendersi, Pelosi avrebbe finito per ammazzare l’aggressore.

Una versione che - si ripete - gli investigatori - a detta dei due saggisti - avrebbero creduto in ragione della loro omofobia.

Indagini condotte, quindi, “all’acqua di rose”, tanto per…, e che portarono a non interrogare testimoni chiave (ascoltati, invece, da alcuni giornalisti) e a dare per veritiere altre testimonianze che, oggi, appaiono quantomeno dubbie.

Qualcosa nell’atteggiamento degli investigatori, come è noto, cambiò solo dopo il dirompente articolo di Oriana Fallaci, ma, comunque, per i due saggisti, non si fece abbastanza per arrivare ad accertare come davvero si svolsero i fatti.

I due saggisti, nella loro ricostruzione degli accadimenti, pongono diversi interrogativi e fanno emergere le incongruenze di certe ricostruzioni, troppo influenzate dalle discutibili dichiarazioni di Pelosi, le cui svariate versioni vengono messe sotto la lente di ingrandimento e confrontate anche con quelle di altre persone coinvolte, a vario titolo, nella vicenda. Il risultato è tale da convincere Sanvitale e Palmegiani a non tenere in alcun conto delle dichiarazioni di Pelosi, in quanto, per loro, è persona del tutto inattendibile.

E, così, analizzando i fatti e “leggendo” attentamente i documenti di varia natura a loro disposizione, i due autori arrivano a ricostruire la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 in cui Pasolini fu brutalmente assassinato da un gruppo di sbandati (tra i quali c’erano anche Pelosi e i fratelli Franco e Giuseppe Borsellino) in cerca di soldi (i milioni che il regista aveva con sé per “riscattare” le pizze del suo ultimo film) e, al contempo, desiderosi di dare “una lezione” a quel “frocio” di Pasolini.

Un saggio che si consiglia caldamente, anche in ragione del fatto che si legge in modo assai piacevole, in quanto condotto come un dialogo tra i due autori.

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