Modelli di maschi



Maschi alfa, beta, omega di Maria Luisa Fagiani ed Elisabetta Ruspini edito da FrancoAngeli è un bel saggio che fotografa la situazione attuale della maschilità italiana; e lo fa, in alcuni capitoli, da un punto di vista originale: ossia quello di utilizzare dei personaggi pubblici come modelli per descrivere i diversi modi di essere maschi.
Si parte, manco a dirlo, dal maschio alfa, ossia dal maschio dominante, virile, sessista, eterosessuale ed omofobo e si termina con il maschio che, attraverso il coming out, dichiara pubblicamente il proprio rifiuto della normatività eterosessuale e sessista.
Ai più tradizionalisti, forse, potrà suonare strana l’idea che possano esserci non uno, ma vari modelli di maschilità, e, perciò, nell’Introduzione, le Autrici si affrettano a spiegare che “Pare ormai una necessità (...) preparare le nuove generazioni di uomini all’incontro con le ‘nuove’ donne ma anche con ‘altri’ modelli di mascolinità”, al fine di dare agli uomini un ampio spretto di possibilità per rendere la loro vita migliore. In altre parole, si tratta di mettere in atto “processi educativi finalizzati al dialogo con il mutamento sociale e con il mutamento delle identità di genere”.
Essendo, infatti, la maschilità una costruzione sociale 
Pare (...) scarsamente lungimirante ingabbiare la maschilità in una categoria universale, indistinta, granitica, impermeabile alle influenze esercitate dal mutamento sociale: le modalità di essere uomini sono plurali (...).
Si diceva che per descrivere le varie forme di maschilità, le Autrici si affidano, a volte, a degli esempi di italiani famosi. Per il maschio alfa, le saggiste ricorrono ai politici:
(...) uomini che rappresentano e difendono la tradizione e i suoi valori; virili; tombeur de femmes; che “l’hanno duro”; con molte mogli e amanti; con molti figli; con sessualità “esplosive”. Uomini che disprezzano le mascolità gay, che urlano, guardano, desiderano, ingravidano.
Campioni ne sono Silvio Berlusconi e Umberto Bossi con le loro sbandierate “sessualità idrauliche” (per usare la definizione che ne danno le saggiste).

Modello, invece, del tipico “sguardo maschile” (il male gaze), ossia dell’uso maschilista e gerarchizzante di certi sguardi rivolti alle donne (gli uomini guardano e desiderano, le donne si fanno guardare e desiderare), è Bruno Vespa “l’arcitaliano, colui che celebra mediaticamente la diffusa resistenza nazionale al mutamento sociale”; (...) “uomo che mette in scena una mascolinità certamente lontana dal polo alfa ma che trasuda ammirazione (forse invidia?) per i ‘veri uomini’ (...)”. Un uomo, sottolineano le saggiste, che celebra il maschio alfa e il suo potere.
Dal maschio alfa e alfa-celebrante si passa a modelli di maschilità che si allontanano da tali stereotipi, alla ricerca di una vita diversa e migliore, più attenta alla dimensione emotiva e capace di intessere rapporti con l’altro sesso e con gli altri uomini basati sul rispetto e lontani da aggressività e ricerca del dominio.
Per descrivere tali modelli di maschilità, le Autrici non ricorrono a esempi offerti da uomini famosi, ma conducono la loro ricerca guardando ai diversi gruppi sociali urbanizzati, ovvero quelli che, vivendo in grandi città, hanno modo di allontanarsi dagli stereotipi vecchio stile ancora molto vivi nelle zone rurarli.
Si descrivono, quindi, i maschi metrosessuali; quelli casalinghi e quelli pubblicamente omosessuali.
I metrosesuali sono coloro che non basano la propria identià sull’orientamento sessuale e a cui piace farsi guardare, piuttosto che guardare (sono, cioè, lontanissimi dal male gaze). Uomini che hanno “scoperto” il loro corpo, la moda e lo shopping. 
Gli uomini casalinghi, invece, sono coloro che preferiscono mettere al centro della loro vita le attività di cura (della casa e della famiglia), da sempre demandati alle donne. Difficile fare una stima di quanti siano questi uomini-casalinghi, in quanto, in Italia, fanno fatica a “venire allo scoperto”, perché le loro scelte sono ancora percepite come troppo lontane dal modello alfa di virilità.
Infine, le due saggiste, pongono lo sguardo su quegli uomini che hanno scelto di rendere pubblica la loro omosessualità tramite il coming out, ossia per mezzo di “una ‘presa di coscienza’ personale della propria identità, cui fa seguito un atto di comunicazione e condivisione di tale identità”. Ed è proprio tale atto comunicativo che ha valenza politica, in quanto “l’omosessualità continua a essere vissuta, quando rivelata, come ‘la più grande sfida alla virilità e alla rivendicazione maschile all’autenticità, alla naturalezza, al dominio’”.
Un saggio, quello della Fagiani e della Ruspini, ben condotto, puntuale, ricco di spunti di riflessione e, oltretutto, di facile lettura.

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Sulla maschilità segnalo anche il libro Quello che gli uomini non sanno dire
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