Perché combattere per il matrimonio egualitario

Nei giorni tristi in cui ministri della Repubblica italiana discriminano e si fanno guidare dalla loro perniciosa omofobia, vale la pena riprendere in mano un libro di Sebastiano Mauri in cui si spiega con parole semplici, ma supportate da molti studi scientifici, perché ci si debba battere per il matrimonio egualitario.

Il giorno più felice della mia vita di Mauri edito da Rizzoli nel 2015 (prima, quindi, dell’approvazione della legge sulle Unioni civili) è un “saggio in prima persona”, ovvero, un saggio vero e proprio, ma arricchito con fatti e dettagli della vita privata dell’Autore.

Mauri spiega assai bene i pregiudizi omofobi contro i quali ogni persona GLBT deve combattere fin dalla più tenera età per poter semplicemente arrivare ad accettare se stesso/a e vivere assecondando la propria natura.
Pregiudizi alimentati dalle parti più passatiste e conservatrici della società, prima fra tutte la Chiesa cattolica.

Maschilismo, omofobia e discriminazione non colpiscono, però, solo le persone GLBT, ma anche tutte le altre che non sono libere di immaginare per sé una realtà sociale diversa da quella che i passatisti e i conservatori vogliono per loro. 
E, così, ad esempio, le donne non sono ancora padrone di non essere anche mogli devote e madri premurose, anche quando sognano per loro solo di essere delle manager di successo. No, una donna deve prima di tutto essere moglie e madre e, poi, forse, anche manager o qualsiasi altra cosa.

Ecco, allora, che l’approvazione del matrimonio egualitario porterebbe giovamento a tutta la società: esso, infatti, renderebbe plasticamente evidente che certi “ruoli” non sono legati al genere, ma alle predisposizioni personali. 
In una coppia gay omogenitoriale, infatti, certe mansioni che oggi sembrano “naturalmente” femminili vengono svolte o da entrambi i coniugi o da quello che, in quel momento, può compierle.
Un esempio di intercambiabilità che potrebbe essere seguito, con giovamento, anche dalle coppie eterosessuali.

Mauri avverte che «non si cambia tutto con una legge, però rendendo l’uguaglianza dei cittadini non solo una realtà, ma un’esperienza, si facilita enormemente il processo di accettazione della diversità.».
Accettazione di cui oggi si sente forte l’esigenza.

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