Il sesso biologico non conta



Otto di Roberta Calandra edito dalle edizioni Croce afferma - indirettamente - che, in amore, il sesso biologico non conta: ci si innamora delle persone, delle loro “anime”, prima ancora che dei loro corpi.

Ma afferma, anche (sempre indirettamente), che il destino è scolpito nel carattere.


Il romanzo è diviso in quattro capitoli (più un prologo) e narra di un’unica storia d’amore che si prolunga di secolo in secolo a partire dalla fine del Settecento per arrivare agli inizi del nostro.


Seppure di capitolo in capitolo (e di secolo in secolo) i nomi dei protagonisti cambiano, il lettore è cosciente che si tratta sempre degli stessi personaggi.

Un uomo e una donna del Settecento che si ritrovano nei corpi di due uomini dell’Ottocento, per poi migrare in quello di due donne del Novecento e tornare in quelli di una donna e un uomo del nostro millennio.


Cambiano la biologia dei corpi, ma non il carattere o la forza dell’amore che unisce quelle anime, nonostante il mutare del Tempo e dello Spazio.

Carattere che spinge i personaggi a una sorta di coazione a ripetere autodistruttiva.

Ma l’amore, nonostante tutto, resiste e si ripresenta puntuale quando il Caso decide che è tornato il momento di farli rincontrare.


Caratteri, quelli dei personaggi, che sono quasi un calco - o un omaggio - di vite davvero esistite: ad esempio, il William del secondo capitolo assomiglia da vicino a Lord Byron…


Un amore, quello che unisce i due (gli otto) protagonisti, passionale, travolgente e capace di sfidare gli eventi e i pregiudizi.

Un amore che resiste alla tragicità della Storia.


Un romanzo che, a tratti, si legge con qualche difficoltà (ad esempio, per la scarsa aderenza al parlato del dialogato del secondo capitolo o per lo strazio emotivo causato dall’ambientazione nel lager nazista del terzo), ma che prende il lettore che vuole sapere se la coazione a ripetere autodistruttiva di cui si è detto possa avere un termine.


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