Alessandro e il doppio fallimento
Alessandro. Romanzo dell’utopia di Klaus Mann (1906 - 1949), edito in Italia da Castelvecchi nella traduzione di Gianni Bertocchini, è un romanzo complesso che ripercorre la biografia di Alessandro Magno dall’infanzia alla morte.
Un testo che può essere letto su più piani, dal meramente biografico al metaforico (in ragione della volontà di Alessandro di raggiungere l’infinito e/o, nel finale del romanzo, in virtù dell’allusivo parallelismo tra il condottiero e Cristo), e che fu pubblicato in Germania nel 1929 dall’allora 23enne secondogenito di Thomas Mann (1875 - 1955), proprio in quell’anno insignito del Premio Nobel per la Letteratura.
Un romanzo il cui secondo paragrafo inizia con una frase che potrebbe essere letta anche come una dichiarazione autobiografica, seppur riferita al piccolo Alessandro: «La vita era bellissima, fintanto che il padre rimaneva nell’ombra.».
Noto ai biografi, infatti, è il dissidio tra Mann padre e Mann figlio, dovuto anche alla differenza con cui i due vivevano la loro omosessualità: del tutto apertamente Klaus; in modo tormentoso il padre (seppure in quegli anni Venti arrivò a firmare l’appello pubblico in favore dell’abolizione del “Paragrafo 175” che condannava l’omosessualità in Germania).
Dai Diari del padre, inoltre, parrebbe emergere una relazione incestuosa con il figlio adolescente.
Gli spunti, dunque, per una lettura autobiografica di alcune parti del romanzo di Klaus ci sono tutti…
Alessandro e (o, meglio, vs) Filippo, entrambi attratti anche dagli uomini, come Klaus e Thomas…
Ad ogni modo, nel romanzo di Klaus, Alessandro, crescendo e “invecchiando” (si fa per dire, dato che il condottiero morì 33enne), ricorda, a volte, proprio quel Filippo da cui voleva prendere le distanze.
Lo ricorda nei modi tirannici che assunse dopo essere diventato il conquistatore della Mesopotamia e dell’India ed esserne rimasto talmente influenzato da averne acquisito i costumi, arrivando a farsi venerare come un dio.
Una richiesta che non piacque né ai suoi generali macedoni; né al suo esercito, e né ai cittadini greci rimasti in patria.
Un atteggiamento - quello del tiranno - che lo allontanò, soprattutto, dai suoi due amici fraterni: Clito ed Efestione.
Il primo (Clito il Nero nella storiografia) di cui Alessandro è innamorato, ma che non gli corrisponde.
Il secondo (Efestione) che, invece, ama Alessandro perdutamente e che Alessandro, in età adulta, allontana da sé per lunghi periodi, nonostante per tutti essi fossero una coppia indissolubile e felice, al pari della coppia Achille e Patroclo con i quali i due venivano associati.
L’amicizia-amore tra i tre, però, è destinata al fallimento:
- Clito viene ucciso proprio da Alessandro che non gradisce il pubblico rimprovero che l’amico, dopo aver raccontato dell’amicizia tra Gilgamesh ed Enkidu, gli ha mosso durante un banchetto;
- Efestione muore in solitudine, perché Alessandro è impegnato a farsi venerare dai sudditi.
Ma è sulla salma di Efestione che Alessandro, nel romanzo di Klaus Mann, perde la ragione e si avvia verso la morte…
Una morte che certifica il fallimento di quell’utopia di cui parla il sottotitolo: la creazione di un mondo in cui possa regnare l’amore.
Un mondo lontano dal maschile tossico e più vicino a un femminile da Grande Madre.
Un romanzo di cui si consiglia un’attenta lettura.
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